martedì 13 dicembre 2011

Le nostre lettere al Ministero della Salute... un mailbombing concertato.

Fra tutte le lettere indirizzate ai funzionari del Ministero della Salute italiano, per sollecitarli a regolarizzare la posizione dei nostri cordai, la più intensa (e di conseguenza la più condivisa nel web) è stata quella scritta dal violinista Pietro Fabris. Eccola qui...

Gentile Dottoressa,

sono violinista, io non sono ancora molto pratico colle corde di budello, piano piano stavo cercando di imparare come si fa a montarle sullo strumento, a tenerle in ordine, la tensione giusta delle corde per il mio strumento e tutte queste cose, insomma è complesso. Le corde di metallo sono più "usa e getta", tengono l'accordatura subito, squillano per un po' e poi si scaricano come le batterie e le cambi.

Ma lei non si immagina neanche che razza di differenza di suono c'è tra il budello naturale e il metallo... Avevo suonato un pezzettino da solista coll'orchestra. Avevo la sordina e usavo corde di budello mentre gli altri usavano corde in metallo. Bene, il suono era cristallino, limpidissimo e arrivava in sala senza che dovessi forzare per farmi sentire, anche quando suonavo all'unisono cogli altri il direttore mi sentiva in maniera nitidissima, eppure il suono del budello all'inizio all'orecchio sembra meno focalizzato, in quanto lo spettro sonoro del budello è molto più vasto perché il suono di base è arricchito da maggiori suoni parziali complementari (che si chiamano suoni armonici). Ma questo è un grande vantaggio! Questa sensazione di vastità, di morbidezza, espressività, di poesia nella propria nudità è qualcosa di meraviglioso. Mia mamma che non ne capisce un gran che di musica, mi ripeteva ossessivamente di suonare ancora quelle corde. Quella è la vera voce della musica. Il resto è commercio. Non c'è respiro, anima, vita nelle corde di metallo.

Se Lei si legge un pochino sul sito Aquilacorde come lavora Peruffo, capisce che noi italiani dobbiamo andare fieri della grande tradizione che porta avanti, è un'eccellenza del Made in Italy, è l'arte a disposizione dell'arte. Cosa c'è di più bello? Perché rendergli la vita impossibile? Perché far morire qualcosa di così intimamente vivo e meraviglioso? Perché privare il connubio tra lo strumento e le sue corde dell'amore per il suono? Perché il suono stesso delle corde non deve poter essere soave? Il suono è anche il fine, non solo il mezzo con cui la musica si sviluppa. È come se noi nell'amore vedessimo solo un fine riproduttivo. È quella l'essenza dell'amore? L'amore non è forse bello in sè? E noi non amiamo forse per essere felici? O siamo macchine, fabbriche? Ecco, e allora, perché l'arte, la tradizione italiana della corderia dev'essere ridotta a un macchinario, a un marchingegno, a un'industria? È di questo che ha bisogno la musica? È questo la musica? E invece non potrebbe essere qualcosa di più bello? Perché non valorizziamo questo concetti così profondi, queste persone come Peruffo che danno senso alla nostra vita? Se tutto ciò che viviamo oggi viene consumato, cosa ci rimane nel cuore? Quella sensazione, mi creda, la attraversa, è la vita che ci attraversa, riscopriamo il nostro stare al mondo, la meraviglia di ciò che circonda e di poterlo sentire.

Perché sacrificare tutto questo? Che senso ha? Per ragioni igieniche? Lei crede? Pensa che ci pigliamo qualche malattia strana? Ma quando mai... Si è sempre fatto. Di sicuro c'è qualcuno che vuole fregarci, dottoressa Serraino.

Ma pensi un attimo a tutta quella musica nei secoli precedenti, che razza di mondo era quello... Non abbiamo niente da imparare da loro? Non le viene vergogna a pensare che oggi quello spirito non è più necessario?
E se fosse invece che è la spiritualità che stiamo perdendo, anzi uccidendo? Non Le viene il dubbio?

La prego di essere severa con quelli che banalmente e stupidamente arrecano un danno così grande all'Italia, all'arte, all'uomo. Abbiamo bisogno di dare un senso alla nostra esistenza. Non può essere tutto consumato. Se no la morte consumerà noi e a quel punto, forse è quello che ci meritiamo.

Con affetto

Pietro Fabris

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